Affinché vi sia concorrenza sleale dipendenti è sufficiente che il lavoratore svolga delle attività che siano, anche solo potenzialmente, in grado di danneggiare l’azienda
La concorrenza sleale dipendenti si verifica quando il lavoratore tratta affari con un competitor dell’azienda in cui lavora o nei casi in cui utilizzi notizie riservate per recare pregiudizio al proprio datore di lavoro a vantaggio di altre aziende.
Ogni lavoratore dipendente ha l’obbligo di fedeltà nei confronti dell’impresa che lo ha assunto. Svolgere un’attività in concorrenza, difatti, viola l’obbligo di fedeltà e comporta il rischio di licenziamento.
Possono essere considerati atti di concorrenza sleale dipendenti l’acquisto di quote societarie di un’azienda in concorrenza con il proprio datore di lavoro o, per esempio, l’attività di un agente monomandatario che fa visita anche alle aziende concorrenti e propone prodotti dei competitor.
La violazione del divieto di concorrenza sleale può comportare il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.
Concorrenza sleale ex dipendente
La concorrenza sleale ex dipendente si configura quando l’attività concorrenziale diventa illecita e danneggia il proprio ex datore di lavoro.
In generale l’obbligo di non concorrenza decade al termine del contratto di lavoro subordinato, ma restano validi gli aspetti che riguardano la riservatezza di informazioni e know-how. Il Codice Civile stabilisce, però, dei limiti entro i quali l’attività concorrenziale diventa sleale.
Le ipotesi di concorrenza sleale sono elencate dall’art. 2598 c.c. Il caso più comune è lo sviamento di clientela da parte dell’ex dipendente. Affinché tale comportamento sia illecito occorre che si accaparri la clientela dell’ex datore di lavoro, sfruttando informazioni riservate.
Qualora l’imprenditore volesse protrarre l’obbligo di fedeltà anche al termine del contratto di lavoro, è necessaria la stipula di un patto di non concorrenza con l’ex dipendente.
Si tratta di un accordo scritto, che deve avere particolari requisiti, tra il datore di lavoro e il dipendente, che limita l’attività professionale di quest’ultimo dopo la fine del rapporto di lavoro. La violazione del patto costituisce inadempimento contrattuale e legittima le richieste di adempimento o di risoluzione del contratto e/o di risarcimento del danno per responsabilità contrattuale.
Perché rivolgersi all’agenzia investigativa
L’onere della prova, per legge, spetta al datore di lavoro. Accertare la condotta di un dipendente infedele è, però, un’operazione complessa, non è sempre facile dimostrare le sue responsabilità.
Per raccogliere tutte le prove necessarie, il datore può avvalersi di un’agenzia investigativa autorizzata a svolgere indagini e accertamenti, per dimostrare il mancato rispetto del patto di non concorrenza da parte del dipendente, dell’ex dipendente o di un’azienda concorrente.
Le indagini dedicate ai casi concorrenza sleale dipendenti possono compiersi durante o fuori l’orario di lavoro e durante permessi per malattia, in quanto il lavoratore è sempre tenuto all’obbligo di fedeltà lavorativa.
Inoltre, se gli atti di concorrenza sleale sono compiuti con dolo o colpa, l’autore è tenuto al risarcimento del danno. Risulta, quindi, ancora più evidente la necessità di una raccolta di prove documentali e testimoniali ottenibili grazie alle indagini di un’agenzia investigativa.
Nel caso in cui ci sia il sospetto che ex dipendenti abbiano violato il patto di non concorrenza o commesso atti di concorrenza sleale, spetta sempre all’azienda stessa l’onere della prova per poter intraprendere una causa in giudizio.
I casi possono essere diversi, come lo sviamento della clientela, l’utilizzo di informazioni riservate dell’azienda in cui si lavorava, l’utilizzo di nomi e segni distintivi che creano confusione, la diffusione di notizie che screditano il concorrente.
Ovviamente deve essere in grado di dimostrare la violazione ed i danni subiti. Può, anche in questo caso, rivolgersi ad un’agenzia investigativa autorizzata per svolgere investigazioni aziendali.
La finalità delle indagini è, dunque, quella di raccogliere prove valide e lecite della violazione del patto di non concorrenza, per permettere all’azienda di intraprendere un’azione legale per ottenere la cessazione della condotta in via cautelare e il risarcimento del danno.