Nei casi di indegnità genitoriale, il genitore perde la potestà di usufrutto e di amministrazioni sui beni del figlio avuti da una successione. L’investigatore privato può effettuare indagini in merito
L’Art. 465 sull’Indegnità genitoriale recita: “Colui che è escluso per indegnità dalla successione non ha sui beni della medesima, che siano devoluti ai suoi figli, i diritti di usufrutto o di amministrazione che la legge accorda ai genitori”.
Può verificarsi, quindi, il caso in cui il genitore sia considerato indegno, ossia quando si sia macchiato di uno dei casi esposi nell’articolo 463 del codice civile.
Perde, così, il diritto di usufrutto sui beni devoluti ai figli dalla successione, per esempio da parte dell’altro genitore, dai nonni, da altri parenti, e nemmeno il diritto di amministrazione sugli stessi beni.
Cosa succede quando il genitore è indegno
Il genitore indegno non ha la potestà di usufrutto e di amministrazioni sui beni del figlio (art. 320 e 324 del Codice Civile). I genitori rappresentano i propri figli minori in tutti gli atti civili e ne amministrano ii beni, che non possono essere alienati, dati in pegno o ipotecati.
In situazioni particolari, però, il giudice può stabilire la decadenza della responsabilità genitoriale e allontanare il genitore dal figlio, che non potrà più scegliere per lui sulle questioni che lo riguardano, né potrà rappresentarlo dinanzi alla legge.
Talvolta la decadenza dell’esercizio del diritto di potestà territoriale può essere revocata ed il genitore a cui era stata sottratta può tornare ad esercitare questo diritto sui figli. Resta, però, indegno a succedere se ciò non avviene alla data di apertura della successione.
Per qualsiasi tipo di indagine in merito, è opportuno affidarsi a persone esperte, come un investigatore privato, in grado di indagare sul corretto esercizio della patria potestà e sull’indegnità genitoriale.